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Condivido questo articolo sul ruolo del Consulente per la Sicurezza. La cultura della sicurezza deve aumentare a tutti i livelli ed il consulente non può e non deve fermarsi al rispetto normativo, ma deve aiutare il cliente ad essere più consapevole nella gestione di questo importante aspetto dell’organizzazione aziendale.

https://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/ruoli-figure-C-7/rspp-aspp-C-70/il-consulente-per-la-tutela-della-salute-della-sicurezza-sul-lavoro-AR-18790/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_content=3&utm_campaign=nl20190207%2BPuntoSicuro%3A+sommario+del+7+febbraio+2019&iFromNewsletterID=2303

Mirco Moretti

Ancora assurde morti sul lavoro!

Nel 2017 e con le conoscenze di oggi, è ancora possibile morire per queste cose?

Mancata cultura della sicurezza sul lavoro, mancata sensibilità per certe problematiche da parte di tutti, sottovalutazione del rischio, un mix micidiale di elementi che ancora permettono l’accedere di certi eventi drammatici.

Quando sarà data la giusta importanza a queste cose? Quando la sicurezza e la salute delle persone nei luoghi di lavoro non sarà soltanto un fastidio?

http://www.corriereadriatico.it/macerata/morrovalle_incidente_lavoro_caduto-3289126.html

http://www.corriereadriatico.it/macerata/morrovalle_incidente_lavoro_caduto-3289126.htmlv

Mirco Moretti

Responsabilità del Consulente Esterno per la Sicurezza D.Lgs.81/08

A volte da professionista ci si chiede se ne valga la pena.

Se vale la pena spendersi e spendere per aggiornarsi, per acquistare e mantenere strumentazione di livello, insomma se vale la pena fare le cose al meglio possibile.

Il mio lavoro è quello di aiutare il datore di lavoro nella gestione di questo delicato aspetto dell’organizzazione della propria impresa, ed in ballo oltre alla tutela del committente c’è soprattutto la salute e la sicurezza delle persone. E’ un impegno anche morale non indifferente.

Ma nella quotidianità poi succede che ti chiamano per dei pareri, per sistemare delle situazioni e magari ti chiedono un’offerta per la prestazione professionale. A quel punto la proposta non può non tener conto della qualità del servizio offerto, del tempo necessario per fare le cose per bene, per la professionalità in gioco….. Ma spesso, per non dire quasi sempre, il datore di lavoro non si rende conto e da uomo di affari cerca la migliore offerta dove la discriminante è il prezzo.

Alcuni consulenti si propongono a cifre ridicole, e spesso il motivo è proprio un lavoro superficiale e di facciata. A questo punto difficile poter competere e mantenere alto il livello del servizio.

Ma è possibile che sia così? Ma il consulente per la sicurezza può permettersi di proporre prestazioni professionali così importanti e delicate dove si mette in gioco la salute e la sicurezza delle persone che svolgono un lavoro senza dare garanzie, senza rischiare niente e giocare sulla buona fede del committente e sul fatto di costare molto poco?

Se fino ad un pò di tempo fa si era convinti che il solo datore di lavoro rischiava e tutti gli altri erano salvi, oggi le cose sono un pò cambiate.

Di seguito una sentenza, e non è la sola, dove il consulente esterno per la sicurezza viene condannato per aver fatto una valutazione dei rischi sommaria e superficiale.

A questo punto, vale la pena come consulente spendersi e spendere per fare le cose al meglio delle proprie professionalità e farsi pagare il giusto. La risposta a questo punto è scontata.

http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13647:2015-06-26-16-58-37&catid=17:cassazione-penale&Itemid=60

Mirco Moretti

DECRETO 11 gennaio 2017 – AGGIORNAMENTI IN MATERIA DI REQUISITI ACUSTICI DEGLI EDIFICI

Da: Newsletter Portale Agenti Fisici

Il DECRETO 11 gennaio 2017 Ministero dell’Ambiente 
e della Tutela del Territorio e del Mare Adozione dei criteri ambientali minimi per gli arredi per interni, per l’edilizia e per i prodotti tessili, che ha introdotto specifici valori dei requisiti acustici passivi da rispettare nell’ «Affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici» (allegato 2 punto 2.3.5.6), adeguando i criteri individuati dal DPCM 05/12/1997 “Determinazione dei requisiti acustici e passivi degli edifici”, in relazione allo stato dell’arte degli standard di buona tecnica in materia.

In particolare il Decreto 11 Gennaio 2017 richiede che i valori dei requisiti acustici passivi dell’edificio corrispondano almeno a quelli della classe II ai sensi delle norma UNI 11367. Gli ospedali, le case di cura e le scuole devono soddisfare il livello di “prestazione superiore” riportato nel prospetto A.1 dell’Appendice A della norma 11367. Devono essere altresì rispettati i valori caratterizzati come “prestazione buona” nel prospetto B.1 dell’Appendice B alla norma UNI 11367.

Gli ambienti interni devono essere idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici riportati nella norma UNI 11532.

I descrittori acustici da utilizzare sono:

quelli definiti nella UNI 11367 per i requisiti acustici passivi delle unità immobiliari;

almeno il tempo di riverberazione e lo STI per l’acustica interna agli ambienti di cui alla UNI 11532.

Verifica:

Il progettista deve dare evidenza del rispetto del criterio, sia in fase di progetto iniziale che in fase di verifica finale della conformità, conseguendo rispettivamente un progetto acustico e una relazione di conformità redatta tramite misure acustiche in opera, che attestino il raggiungimento della classe acustica prevista dal criterio e i valori dei descrittori acustici di riferimento ai sensi delle norme UNI 11367, UNI 11444, UNI 11532.

 

Mirco Moretti

Disturbo da rumore

Come tutte le mattine ascolto la radio ed su Radio Deejay si parla di rumore. WOW …. Ad un certo punto, tra varie cose bizzarre e divertenti, interviene un ascoltatore che racconta di una cosa assurda: lui è un allenatore di una squadra di calcio che gioca in un campo circondato da case che sono a ridosso del terreno di gioco. Il presidente della società è stato denunciato dai vicini e condannato penalmente per disturbo della quiete pubblica e la causa principale sono le grida, il fischietto di allenatori ed arbitri etc.; l’attività è continuativa dal primo pomeriggio fino alle 22 di tutti i giorni ed al sabato e domenica le gare. I conduttori rimangono basiti e si chiedono come sia possibile, ovviamente dalla parte di chi gestisce la società sportiva la cosa sembra assurda. Ma lo è davvero?

In realtà la quiete ed il silenzio è un bene a cui tutti abbiamo diritto. Ci sono delle regole, come si conviene in ogni società civile e bisogna rispettarle. Il rumore è un fattore che può agire sulla salute delle persone ed in particolare mina il sistema nervoso; non è importante quindi soltanto il “volume” del rumore, ma anche il tipo di rumore, la frequenza ed altri fattori.

Quando il rumore è accettabile e quando invece è intollerabile?

Il disturbo da rumore ormai vanta una giurisprudenza vastissima e pluriennale; la regola consolidata è il superamento dei 3 dBA sul livello di rumore di fondo. Senza entrare nei tecnicismi, se quindi il livello di rumore in presenza di disturbo supera i 3 dBA il livello di rumore normalmente presente in un determinato ambiente in assenza di disturbo allora quel rumore è ritenuto non tollerabile e quindi non accettabile. I 3 dBA valgono indistintamente di giorno, di notte, per lunghi periodi o per brevi periodi e valgono per tutti i tipi di rapporti, anche tra privati (ad esempio non per forza una delle parti deve esercitare una attività a scopo di lucro)

Questo è generalmente il criterio usato nei contenziosi, sia civili che penali dove il quesito del giudice è quello di valutare la “normale tollerabilità al rumore”.

Cosa diversa sono i limiti di legge, più permissivi, ma che valgono per i rapporti tra privati e pubblica amministrazione. Cioè? Cioè, se io voglio aprire una attività mi viene chiesta la valutazione previsionale di impatto acustico, vale a dire la previsione di quello che sarà il rumore da me immesso nell’ambiente circostante; chiaramente dovrò rispettare dei limiti assoluti e differenziali più alti del criterio della normale tollerabilità sopra descritto. Strano, ma è così….. La legge 13/2009 ha cercato di definire meglio la normale tollerabilità, ma il campo di applicazione è circoscritto alle “specifiche sorgenti” di rumore, vale a dire s quelle sorgenti di rumore regolamentate da proprie norme specifiche (ad esempio le piste motoristiche, il rumore stradale e ferroviario, etc.); in questi casi il rumore è tollerabile quando vengono rispettate le norme specifiche. Ma negli altri casi, quando la sorgente non ha disposizioni ad hoc, allora il criterio usato è ancora quello dei 3 dBA sul rumore di fondo. A meno di pareri diversi dei giudici ……… ma io faccio il tecnico e mi limito, quando chiamato ad esprimermi nelle sedi opportune, a fare il mio lavoro e mettere dati in mano a chi poi dovrà prendere le decisioni.

Quindi è giusto o no quello che è stato fatto nei confronti del presidente della squadra di calcio? Chi vede la cosa dalla parte del servizio sociale fatto da quella attività sarà sicuramente contrario, chi invece si mette dalla parte dei disturbati (pensiamo ad un lavoratore che fa i turni di notte, ad una persona malata costretta a letto, ad un ragazzo che deve studiare, etc.) può capire le loro ragioni; del resto finchè non veniamo toccati diversamente da certe situazioni come possiamo comprenderle?

Qualcosa però si potrebbe fare per prevenire queste spiacevoli situazioni; in fase di realizzazioni di impianti, di messa in esercizio di attività rumorose, ma anche nella costruzione di zone residenziali, si potrebbe fare una seria e corretta valutazione previsionale e quindi preventivamente decidere cosa si può o non si può fare. I campi  da calcio magari si faranno in zone dove i ragazzi possono gridare e dare calci ai palloni; del resto i Comuni da anni sono stati obbligati alla pianificazione urbanistica in relazione anche alla classificazione acustica del territorio comunale. Ma come sempre nel nostro bel paese le regole ci sono, ma pochi le comprendono o meglio, pochi sono disposti a rispettarle e farle rispettare.

Mirco Moretti

Perchè fare una buona Valutazione dei Rischi? Come riconoscere un buon lavoro?

La Valutazione dei Rischi è uno degli obblighi indelegabili del Datore di Lavoro. Ciò vuol dire che il DL non può esimersi da questa responsabilità. Chi fa la valutazione dei rischi? il Datore di Lavoro, che infatti firma il documento di valutazione dei rischi.

Ma il DL non ha spesso competenza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il DL ha molto altro da pensare e quindi chiaramente cerca appoggio su figure professionali esterne.

Chi è oggi che può vantare competenza nel settore? Esiste una figura professionale specifica? La risposta purtroppo è NO! Oggi chiunque può fare consulenza alle imprese per gli adempimenti previsti dal D.Lgs.81/08; è il DL che, affidando l’incarico, deve essere certo che il consulente abbia le competenze specifiche che possano garantirgli un lavoro ben fatto e che lo metta al riparo da sorprese.

Ma se il DL incarica un tecnico per la valutazione dei rischi non è responsabilità sua a quel punto? NO. Ovvio che il consulente potrebbe essere chiamato a rispondere se chiamato in causa, ma questo non esime il DL dalle sue responsabilità. In ogni caso ha scelto male il suo consulente e non ha vigilato sul suo operato!

Quindi il DL cosa può (e deve) fare? Può certamente affidarsi ad un professionista serio che ha reale competenza nel settore. Un professionista che non si presenti come colui che prende in mano la situazione dell’azienda per quanto riguarda la sicurezza e mette in condizione il DL di non pensare a niente. Un professionista che non dica che va tutto bene e che non serve investire 1 euro in sicurezza. Un professionista che non produca solo carta, seppur tanta, bella e colorata, ma che abbia un senso e che sia davvero utile. Il consulente scrive nei documenti tecnici in base alle informazioni ricevute …… e chi da le informazioni corrette se non conosce le problematiche? Il DL non dovrà essere un esperto valutatore, ma dovrà mettere in condizione il valutatore di fare un buon lavoro fornendo il supporto necessario; è ciò è possibile soltanto conoscendo gli argomenti in questione.

A cosa serve una valutazione dei rischi ben fatta? Non serve a far contenta la ASUR in caso di controllo. In caso di ispezione da parte degli organi di vigilanza potrebbe andare anche bene avere la documentazione, ma in caso di infortunio o malattia professionale? In quel caso il giudice andrà a leggere cosa c’è scritto nelle carte, vorrà capire se la sicurezza è vissuta realmente in azienda e se realmente vengono tutelati i lavoratori. In caso di malattia professionale, l’INAIL vorrà vedere in cosa consisteva la valutazione del rischio, se la persona malata era stata realmente tutelata al massimo delle possibilità.

Quindi una buona valutazione dei rischi è una buona assicurazione. Non serve, ma se serve deve essere valida.

Come si riconosce una buna valutazione dei rischi? Deve essere leggibile, chiara, semplice. Non deve essere inutilmente troppo abbondante! Non deve riportare la legge e la norma tecnica di riferimento; quello sta scritto su testi di letteratura tecnica. La VDR deve essere facilmente associabile alla realtà dell’azienda. Leggendola, e deve essere facileda leggere, bisogna riconoscere che stiamo parlando di quella specifica azienda e non in generale. Deve essere chiaro il pericolo presente e come viene valutato. Deve essere chiaro il risultato della valutazione. Deve essere chiaro per ogni lavoratore quali sono i reali rischi ed il livello associati alla propria mansione ed ai propri compiti. E deve essere presente un piano di interventi per il mantenimento ed il miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza. Si può lavorare in sicurezza senza investire?

Quindi il DL deve diffidare di chi vende servizi chiavi in mano e senza coinvolgere il DL stesso e le figure aziendali che hanno un ruolo nella storia.

Il DL deve diffidare di chi dice che va tutto bene e che l’importate è avere la carta a posto.

Il DL deve accertarsi che la VDR valuti realmente i rischi e non li trascuri o sottostimi.

Il compito del consulente, e quindi il mio, è quello di rilevare un problema, proporre una soluzione e verificarne l’efficacia. Il DL deve sapere e poi coscientemente, con consapevolezza quindi, decide come investire le proprie risorse.

Mirco Moretti